La Corte di Cassazione risolve la dibattuta questione circa la liceità della parodia di un personaggio di fantasia ancora protetto dal diritto d’autore per pubblicizzare un prodotto commerciale.
La vicenda ha inizio nel lontano 2007 quando la società statunitense Zorro Productions, titolare dei diritti di sfruttamento economico del personaggio di Zorro, nonché di marchi denominativi e figurativi incentrati su detta figura letteraria ha citato in giudizio una società italiana a causa di uno spot televisivo e radiofonico in cui il personaggio di Zorro veniva utilizzato, in chiave comica e satirica, per pubblicizzare un’acqua minerale.
Dopo una serie di alterne vicende, con pronunce discordanti dei giudici di merito e dopo una prima pronuncia della Suprema Corte, il Giudice cui quest’ultima ha rinviato (la Corte d’Appello di Roma) stabiliva che quello di Zorro è un personaggio di fantasia protetto da diritto d’autore e quindi anche la sua (presunta) parodia doveva ritenersi vietata. Infatti, l’Italia, nel recepire nel proprio ordinamento la direttiva 2001/29/CE, non si era avvalsa della facoltà prevista da quest’ultima (secondo la quale gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere, quale eccezione al diritto di riproduzione e di comunicazione al pubblico, l’utilizzo a scopo di caricatura, parodia o pastiche).
La vicenda non finiva però con tale decisione, contro la quale veniva proposto un ulteriore ricorso per Cassazione. Quest’ultima, nel porre fine alla vicenda specifica (con ordinanza del 30/12/2022) ha chiarito definitivamente il concetto e i limiti della parodia, precisando, innanzitutto che – indipendentemente da quanto previsto dalla direttiva 2001/29/CE – il diritto italiano già ammetteva quanto contemplato da tale disposizione comunitaria.
Ciò premesso, i Supremi Giudici hanno stabilito che “La parodia di un’opera altro non è che una rielaborazione attuata attraverso una imitazione caricaturale attuata con finalità satiriche, umoristiche, comunque critiche …. da cui poi ci si discosta allo scopo di trasmettere un messaggio diverso da quello avuto di mira dall’autore dell’opera o del personaggio in questione.”
Peraltro, la Suprema Corte ha altresì stabilito che, secondo quanto previsto dall’art. 70, comma 1, L. n. 633/1941 (sul Diritto d’Autore), la parodia è vietata in presenza di un rapporto concorrenziale tra l’opera protetta e parodiata e la parodia stessa, dal momento che ne discenderebbe un illecito sfruttamento dell’opera originale.
Dunque, con questa importate decisione la Corte di Cassazione ha fissato le linee guida per trovare un equilibrio tra interessi contrapposti di coloro che sono titolari dei diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico dell’opera originale e la libertà di espressione di coloro che intendano proporre una parodia dell’originale.