Com’è noto, sia la legge italiana (art. 20.1 c.p.i.) che europea (art. 8.5 RMUE) stabiliscono che il marchio celebre (o di rinomanza) è tutelato nei confronti di marchi simili, indipendentemente dal fatto che questi vengano utilizzati o registrati per prodotti o servizi diversi da quelli del marchio celebre, se dall’uso di detti marchi possa derivare un indebito vantaggio per i relativi titolari od un pregiudizio per il marchio celebre (per esempio il suo svilimento). In teoria, sembrerebbe che – almeno uno di questi requisiti (in particolare l’indebito vantaggio, sul piano dell’agganciamento concorrenziale) – dovrebbe quasi sempre sussistere nel caso di marchi molto simili ad un segno rinomato.
In realtà non è proprio così, perché la giurisprudenza, sia a livello italiano che europeo, ha di recente spesso negato la tutela allargata ai marchi celebri. Da ultimo, si segnala infatti che anche il celeberrimo marchio di Rolex “figura di corona” ha visto definitivamente respinto il tentativo di impedire la registrazione di un marchio europeo figurativo molto simile depositato da un’azienda danese.
Fin dal 2016 Rolex si era opposta alla richiesta di registrazione europea del marchio figurativo di quell’azienda in relazione particolarmente a prodotti in classe 25 (abbigliamento, calzature e copricapi) facendo leva su due registrazioni anteriori, ossia e , entrambe per orologi in classe 14. Secondo l’opponente la registrazione del marchio della richiedente danese doveva essere rifiutata per i seguenti ordini di motivi: (i) il marchio è troppo simile ai marchi anteriori Rolex; (ii) i prodotti per i quali è richiesta la registrazione sono da considerarsi analoghi; (iii) esiste un rischio di confusione per il consumatore tra il marchio opposto e quelli della Rolex; ma soprattutto (iv) il marchio successivo potrebbe trarre un indebito vantaggio dalla rinomanza dei marchi Rolex anteriori.
Tuttavia, sia l’EUIPO (in prima istanza) sia la Commissione di Ricorso (in sede di appello) hanno respinto i ricorsi di Rolex. Da ultimo, la Corte di Giustizia EU (con la sentenza T-726/21) ha messo la parola fine sulla vicenda, affermando che non vi è alcuna affinità tra gli orologi (percepiti come accessori della persona) ed i prodotti di abbigliamento, escludendo quindi il pericolo di confusione (osservazione in sé corretta, per i marchi ordinari).
Peraltro, con riguardo alla celebrità del marchio (di per sé indiscutibile) la Corte ha confermato che Rolex non è riuscita a dimostrare l’esistenza di un serio rischio del fatto che il marchio posteriore poteva ingiustamente sfruttare la reputazione del marchio anteriore. In proposito, la Corte di Giustizia ha osservato che, per poter beneficiare della tutela ultramerceologica, il titolare del marchio celebre, pur non essendo tenuto a dimostrare l’esistenza di un pregiudizio effettivo al proprio marchio, “deve tuttavia dimostrare che esiste un rischio serio che tale pregiudizio si verifichi in futuro […]”.
La decisione della Corte non può non lasciare qualche dubbio, sia perché non ha preso in considerazione il tema dell’indebito vantaggio del titolare del marchio opposto, sia perché pare molto difficile fornire la dimostrazione del “rischio di un pregiudizio futuro” per il marchio celebre determinato da un marchio in via di registrazione e che quindi, come tale, ben potrebbe non essere ancora stato usato.
Sia come sia, da questo genere di approccio giurisprudenziale (e il caso Rolex è l’ultimo, ma non certo il solo), si trae la conclusione che, celebre o no, è sempre bene registrate il proprio marchio per una ampia gamma di prodotti, che comprenda non solo quelli di effettiva utilizzazione, ma anche quelli di potenziale interesse futuro dell’azienda, la quale gode comunque di un periodo di 5 anni per poter iniziare l’uso del marchio per tutti i prodotti rivendicati. E se ciò non sarà possibile, non ne deriverà comunque un concreto pregiudizio: meglio, comunque, questa situazione che il dover lasciare campo libero a chi cerca di avvantaggiarsi della notorietà del marchio altrui.