Questa newsletter si è già occupata ripetutamente del Metaverso e dell’impatto che questo mondo virtuale sta generando sulla proprietà intellettuale e sull’attività delle imprese. In particolare, è già stato segnalato il caso che vede come protagonisti la casa di moda francese Hermès e tale Mason Rothschild, un artista digitale statunitense.
Brevemente, si ricorda che la vicenda traeva origine dal fatto che Rothschild aveva realizzato una serie di 100 immagini virtuali, denominate “MetaBirkins,” riproducenti l’iconico design della borsa Birkin di Hermès, ricoperta da pellicce colorate, naturalmente senza il consenso di Hermès.
A fronte di ciò, il 14 gennaio 2022 Hermès aveva inevitabilmente agito in giudizio avanti una Corte Distrettuale di New York lamentando la violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale sulla borsa Birkin.
Orbene, con verdetto dell’8 febbraio scorso la giuria ha stabilito che le borse “MetaBirkins” possono effettivamente creare confusione nei consumatori e sono pertanto lesive dei diritti di Hermès, alla quale è stato riconosciuto un risarcimento di oltre 130.000 dollari.
L’esito di questo caso – noto a tutti gli specialisti del settore – è inevitabilmente destinato ad influenzare la futura giurisprudenza sul tema della tutela dei diritti di proprietà intellettuale nel Metaverso e, comunque, è la prima (o una delle prime) di una serie di pronunce destinata per certo ad espandersi sempre di più nel prossimo futuro: attualmente infatti, l’interesse degli specialisti è già puntato sulla causa intentata da Nike contro StockX – piattaforma di rivendita nota per la distribuzione di scarpe da ginnastica – che ha recentemente lanciato sul Metaverso una collezione di scarpe Nike senza l’approvazione di quest’ultima.
Sia come sia, il caso Hermès costituisce fin d’ora un altro forte monito agli operatori economici affinché estendano con urgenza la tutela dei propri marchi (e, in generale, delle proprie privative industriali), anche al settore del Metaverso e delle piattaforme virtuali.