Mettendo fine ad una lunga querelle giudiziaria, la Corte di Cassazione ha fornito molto recentemente importanti indicazioni in tema di quantificazione del danno per contraffazione di brevetto in via equitativa, vale a dire allorquando il danneggiato non è in grado di provare l’ammontare preciso del danno da risarcire.
Nella fattispecie, l’intervento della Suprema Corte era stato richiesto dal titolare del brevetto perché i Giudici territoriali (Corte d’Appello di Firenze), pur confermando l’avvenuta violazione della privativa, non avevano liquidato alcun danno, ritenendo che l’interessato non avesse fornito sufficienti elementi per determinarne l’ammontare.
Orbene, accogliendo il ricorso con ordinanza del 19 gennaio 2023, la Corte di Cassazione ha innanzitutto ribadito, in via generale, che la liquidazione in via equitativa è possibile se l’esistenza di un qualche danno è di per sé certa, nonché se è sostanzialmente impossibile, o comunque molto difficile da parte dell’avente diritto, dimostrarne, nel caso specifico, il preciso ammontare.
Ciò premesso, tuttavia, in tema di contraffazione di brevetto i Supremi Giudici hanno ricordato che il danno va sempre liquidato tenendo conto degli utili realizzati dal contraffattore, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito.
Invece, il criterio della c.d. “giusta royalty” o “royalty virtuale” (ossia il compenso che il contraffattore avrebbe dovuto pagare se avesse ottenuto una licenza d’uso dal titolare del brevetto) – sebbene espressamente previsto dalla legge in via residuale – segna solo il limite minimo del risarcimento del danno liquidato in via equitativa, che però non è adeguato a dar conto del suo effettivo ammontare a fronte dell’indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi e ragionevoli criteri per la sua liquidazione, al fine di raggiungere una piena riparazione del pregiudizio risentito dal titolare del brevetto.
Questa ineccepibile posizione assunta dalla Cassazione ben chiarisce che è definitivamente tramontata, anche nel nostro Paese, l’epoca in cui i contraffattori di brevetti o marchi, anche se riconosciuti tali, riuscivano quasi sempre a non subire (o a subire in minima parte), le conseguenze del loro illecito, a spese di chi invece investe in innovazione e tecnologia.