Un recente rapporto di Confindustria basato su dati Eurostat e dell’EPO (Ufficio Brevetti Europeo), ha rilevato che negli ultimi vent’anni l’investimento in R&D delle imprese italiane è quasi raddoppiato, passando dallo 0,5% del PIL del 2000 allo 0,94% del 2020, con un’accelerazione nell’ultimo triennio nonostante la crisi economica (+3,9 nel 2022 rispetto all’anno precedente).
Al contrario nello stesso arco temporale gli investimenti pubblici in innovazione sono rimasti sostanzialmente invariati (dallo 0,50 del PIL nel 2020 allo 0,56 nel 2020 contro una media UE dello 0,8% e l’1% della Germania).
Anche sul piano brevettuale le imprese italiane si sono dimostrate molto attive: nel 2021 si è registrato un aumento delle domande di brevetto europeo del 6,5% rispetto all’anno precedente, risultato superiore alla media dei Paesi aderenti al sistema del Brevetto Europeo (+2,8%).
In particolare, le imprese italiane confermano la crescita brevettuale in diversi settori, come l’ingegneria elettronica (+ 11% di domande di brevetto europeo presentate nel 2021 rispetto al 2020), le tecnologie medicali (+16%), ambientali (+ 21%), le biotecnologie (+8%), nonché nel settore meccanico (+8%) e nel settore dei trasporti (+9%).
Peraltro, la ricerca scientifica italiana produce molte pubblicazioni ma pochi brevetti: solo il 2,5% del totale a livello mondiale, contro il 5,9% della Francia (che pubblica meno rispetto all’Italia) ed al 14% della Germania. Il che significa evidentemente che deve essere migliorato il ritorno economico della ricerca pubblica: anche a risolvere questo aspetto, in particolare, è rivolta la riforma del Codice della Proprietà Industriale appena approvato in Senato ed ora all’esame delle Camera dei Deputati.