È sempre più frequente il fatto che, nella determinazione del valore delle merci importate, le dogane chiedano all’importatore di esibire eventuali contratti di licenza di diritti di proprietà intellettuale del venditore afferenti alle merci importate e che quindi, allorquando un tale contratto effettivamente sia stato stipulato, sommino gli importi delle relative royalties al prezzo delle merci importate per stabilirne l’effettivo valore in dogana.
Questa maggiorazione di valore operata dalle dogane per stabilire l’importo dei diritti dovuti dall’importatore ha generato naturalmente un contenzioso di notevoli proporzioni e complessità, con esiti discordanti.
la Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sulla questione con un’ordinanza (n° 11194 del 27 aprile 2023) molto approfondita, che dovrebbe chiarire definitivamente la questione.
In estrema sintesi, i Supremi Giudici hanno chiarito che, in base a quanto previsto dal codice doganale comunitario (Reg. 2913/92) e dal relativo regolamento di attuazione (Reg. 2454/93), nello stabilire il valore in dogana delle merci importate, va calcolato anche l’importo delle royalties afferenti all’uso dei diritti di proprietà intellettuale incorporati in dette merci solo se:
1. i diritti di licenza (royalties) non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare;
2. tali diritti si riferiscano effettivamente alle merci da valutare e
3. l’acquirente è tenuto a versare tali diritti di licenza come condizione della vendita delle merci da valutare.
In particolare, nel caso in cui l’acquirente importatore paghi un diritto di licenza ad un terzo diverso dal titolare del diritto di proprietà intellettuale, le condizioni richieste per calcolare anche l’importo delle royalties nella determinazione del valore doganale delle merci importate si considerano realizzate se il venditore chiede all’acquirente importatore di effettuare il pagamento dei diritti di licenza.
Pertanto, seguendo lo stesso approccio dei Supremi Giudici, se ne dovrebbe logicamente dedurre che, per esempio, nel caso di un contratto di licenza di marchio per la produzione e commercializzazione dei prodotti recanti il marchio stesso, qualora il licenziante offra al licenziatario la possibilità (ma non l’obbligo) di acquistare i prodotti marchiati da un proprio fabbricante autorizzato – invece di doversi assumere il licenziatario l’onere di organizzare tutto l’iter della produzione (e controllo qualitativo) dei prodotti contraddistinti dal marchio in licenza – non dovrebbe essere consentito aggiungere al prezzo delle merci importate l’importo delle royalties pagate a fronte del contratto di licenza.
A maggior ragione, la stessa conclusione dovrebbe raggiungersi qualora il licenziatario, senza avvalersi dei fabbricanti autorizzati dal licenziante, appalti a terzi all’estero la produzione dei prodotti marchiati. Non pare infatti legittimo alcun diverso (e deteriore) trattamento doganale del valore delle merci, rispetto al caso in cui il licenziatario produca egli stesso direttamente nei propri stabilimenti i prodotti legittimamente contraddistinti dal marchio licenziato.
È tuttavia buona norma fare sempre molta attenzione alle norme doganali ed a coloro che le applicano, sempre poco inclini – per ovvie ragioni – a seguire le tesi degli importatori.